Andrea Mantegna (Isola di Carturo (Piazzola sul Brenta) 1431 - Mantova 1506)



I santi Pietro Paolo e Cristoforo; Storie dei santi Giacomo e Cristoforo, Assunzione della Vergine, (1449-1457)
Affresco
Chiesa degli Eremitani, Padova

Questo ciclo ad affresco dedicato ai santi Giacomo e Cristoforo è in gran parte andato perduto nel 1944 durante un bombardamento alleato che ha distrutto la cappella. Oltre ai frammenti recuperati e in parte ricomposti, attraverso i quali si sono ricostruiti alcuni brani pittorici, si salvarono dalla distruzione alcuni riquadri che erano stati staccati dalle pareti nel 1865. Si tratta dei due ultimi episodi della vita di San Cristoforo e dell'Assunzione della Vergine visibili nella cappella ricostruita. Per le restanti parti rimane la documentazione fotografica che ne attesta la straordinaria importanza quale primo ciclo pittorico rinascimentale del nord Italia, già molto ammirato dai contemporanei. La sua committenza si deve a Antonio Ovetari, ultimo erede maschio di tale famiglia, che ne diede disposizione nel testamento da lui stilato nel 1443 che prevedeva anche la realizzazione di una pala d'altare in rilievo tuttora in loco. Furono poi gli esecutori testamentari di Antonio e la moglie Imperatrice Forzate a realizzare le sue volontà. Vennero così incaricati quattro artisti per la realizzazione di tale impresa pittorica, assegnando una parte della decorazione a due affermati artisti lagunari, Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna, e un'altra parte a due giovani e emergenti pittori padovani, Nicolò Pizolo e, appunto, Andrea Mantegna. Nel 1450 però la morte di Giovanni d'Alemagna fece sì che anche il suo socio Antonio Vivarini rinunciasse a proseguire da solo i lavori per le parti che gli erano state assegnate, venendo sostituito da altri artisti. Nel 1453 morì anche Nicolò Pizolo, artista di talento ma con la fama di persona rissosa, misteriosamente assassinato. A Mantegna fu quindi chiesto di portare a compimento tutto il lavoro spettante a entrambi, compito che egli assolse lavorando a più riprese fino al 1457. Nelle vele del catino absidale eseguite tra il 1449 e il 1450, cui a Mantegna spettavano i Ss. Pietro, Paolo e Cristoforo l'ideazione complessiva ricordava quella di Andrea del Castagno nella cappella di San Tarasio, con al centro il Dio Padre benedicente e ai lati i santi Pietro e Paolo mentre più all'esterno i santi Giacomo e Cristoforo rispettivamente vicini alle pareti della cappella con le loro storie. Le storie di San Giacomo che stavano sulla parete sinistra mostravano un progressivo interesse per l'antichità classica che non aveva precedenti quanto a erudita esibizione e resa scenica. Ciò appariva soprattutto nel San Giacomo in giudizio (1451) e nel San Giacomo condotto al martirio (1453). In quest'ultimo il punto di vista estremamente ribassato si accordava con quello dell'osservatore nella cappella, conferendo grande imponenza all'arco di trionfo bilanciato sulla destra dallo scorcio delle case da cui si affacciano spettatori curiosi e dall'alto stendardo con sopra la bilancia della giustizia. Nella scena veniva contrapposta la calma di Giacomo mentre benedice lo scriba Giosia che pentito si converte, all'agitazione delle due figure sulla destra con il soldato che respinge indietro l'adirato sacerdote ebreo che reca il vessillo. I due episodi ancora visibili sulla destra riguardanti San Cristoforo, realizzati da Mantegna nel 1457, sono concepiti come una composizione unificata che, nonostante le lacune, mostra un bellissimo scenario urbano in cui si alternano edifici antichi e contemporanei. In questo scenario trova posto in modo fantasioso anche una pianta di vite, la cui struttura di supporto accentua la profondità spaziale. Le vicende raffigurate seguono la tradizione secondo cui Cristoforo durante le torture inflittegli dal re Danno venne legato per essere trafitto dalle frecce (la sua figura sulla sinistra è quasi del tutto scomparsa) che però restarono sospese in aria e una di queste colpì in un occhio il re, particolare splendidamente raffigurato nella finestra di sinistra del palazzo centrale. Il re guarirà poi miracolosamente seguendo le indicazioni di Cristoforo che gli aveva detto di fare dopo il martirio un impacco con il suo sangue, convertendosi in seguito al cristianesimo. La medesima figura del re la vediamo dopo la guarigione affacciato sulla finestra accanto, mentre guarda il corpo disteso di Cristoforo la cui testa mozzata è appena intuibile sul primo piano. Nell'affresco vengono effigiati dall'artista alcuni suoi contemporanei tra i quali, stando alla testimonianza di Vasari, il suo maestro Francesco Squarcione la cui "figuraccia corpacciuta" sembra identificabile con il secondo arciere da sinistra che volge lo sguardo in alto verso San Cristoforo. La sua resa un po' caricata si spiega forse con una sottile vendetta del giovane artista, la cui cessazione del rapporto di dipendenza con il maestro aveva avuto degli strascichi legali. Infine l'Assunzione della Vergine compiuta nel 1456 è inquadrata in un alto arco che crea una contiguità illusionistica tra l'interno della cappella e l'esterno dove avviene l'assunzione in cielo di Maria alla presenza degli apostoli, i quali fungono da collegamento tra spazio virtuale e spazio reale disponendosi al di qua e al di là dell'elemento architettonico. Anche in questo caso il punto di vista estremamente ribassato si accorda con quello dell'osservatore che viene così maggiormente coinvolto quale partecipe insieme agli apostoli dello straordinario evento. Nel febbraio del 1457 Imperatrice Forzati chiamava in giudizio il pittore per aver violato il contratto che prevedeva la raffigurazione di tutti e dodici gli apostoli mentre nell'affresco se ne contano solo otto. Questo ci fa capire quanto difficile fosse per i contemporanei apprezzare la radicale novità di invenzioni come questa, per il cui schema compositivo non si conciliava la presenza di tutte le figure, che si lasciava invece presumere al fedele.



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